Avete letto della brillante idea di Visto di regalare in allegato un libro intitolato Le migliori barzellette gay? Non è geniale? Ecco come scatenare l’ennesimo caso in cui, a favore o contrari, tutti ne parlano, dando inevitabilmente ragione a chi ha avuto questa trovata: l’importante, come sempre, è che se ne parli. Missione compiuta. Mi rifiuto infatti di pensare che sia un semplice scivolone, o che si tratti di autentica omofobia di un’intera redazione. Eppure qualcosa non quadra…
Partiamo dal titolo: “Le migliori barzellette gay”. È un po’ ambiguo. Si tratta delle migliori barzellette PER gay, DA gay, o SUI gay?! Se non lo si dice, si rischia di acchiappare il pubblico sbagliato! E soprattutto, chi cacchio li decide questi titoli?! Il dubbio è comunque presto risolto grazie alla vignetta in copertina, che illustra una delle portentose barzellette del libro:
GAY 1: «Ti va di giocare a nascondino?»
GAY 2: «Ok, se mi trovi, mi puoi violentare. Se non mi trovi… sono nell’armadio!»
BWAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH! Ma anche no… Ecco, non so cosa intendano loro per “migliori barzellette”, ma teoricamente il senso è che dovrebbero far ridere, non incazzare. E, sempre in teoria, non dovrebbero nemmeno passare sottobanco l’idea che il rapporto sessuale tra due gay consenzienti stia nel “violentarsi” a vicenda. Ora, dato che sulla copertina non campeggia il nome dell’autore, è presumibile che il libello sia frutto di un gioioso collettivo sponsorizzato da luminari tra cui Giovanardi e Gasparri (tanto per fare nomi a caso), ma l’idiozia dell’intera operazione non è comunque giustificata.
Però poi mi fermo a pensare. Badate bene, non ho nessuna intenzione di giustificare o difendere alcunché. Eppure, inizio a riflettere sull’umorismo e sul concetto stesso di barzelletta. Accidenti, io sono eterosessuale, e da quando sono nato pubblicano solo storielle su di noi. E mio cugino è carabiniere: cosa dovrebbe dire? Ho pure un lontano zio (di quarto o quinto grado) che è matto, e pure sulla sua “minoranza” ci sono enciclopedie di barzellette. Per non parlare poi di quei tre miei amici – l’inglese, il francese e il tedesco – che scappano appena gli si vuole raccontare l’ultima…
Io credo che fare dell’umorismo, inventare barzellette, senza delle vittime sia pressoché impossibile. Si tratta di prendere in giro qualcuno (di solito in buona fede, senza eccessiva cattiveria) per far ridere qualcun altro. E allora cos’è che non funziona in questo progetto promosso da Visto? Cos’è che ci dà tanto fastidio? Secondo me, e vi prego di dirmelo se sto scrivo idiozie, i motivi sono tre:
- Una barzelletta intelligente (non per forza “la migliore”) fa ridere anche i soggetti presi di mira, purché dotati di un minimo di senso dell’umorismo. I carabinieri, per esempio, spesso amano le barzellette sul loro conto, o per lo meno le accettano col sorriso. Le migliori barzellette gay non fa ridere nessuno. Nemmeno gli etero.
- La comunità LGBT è tuttora al centro di un’accesa discussione su scala mondiale per quanto riguarda la parità dei diritti, e c’è ancora una considerevole fetta di popolazione che la vede con avversità e disprezzo. Pubblicare un libro come quello in questione è, per molti aspetti, un modo come un altro per buttare benzina sul fuoco.
- Parità dei diritti significa anche non dover ritenere più una minoranza come una “specie protetta”. E questo, ammetto, è il punto più controverso. Non ci saranno mai pari diritti, finché ci si scandalizzerà se si prende in giro un gay, un nero o un cinese (ma l’elenco sarebbe lungo), più di quanto ci si scandalizzi per la derisione di un eterosessuale caucasico. O siamo tutti uguali, o non lo siamo.
Ragionando su questi tre punti, devo dire che la mia conclusione dà un po’ di fastidio persino a me: se ci scandalizziamo così tanto per un pessimo libro di barzellette sui gay (ma non ci siamo mai scandalizzati per le centinaia di pessimi libri di barzellette sugli etero), significa davvero che la parità dei diritti è ancora lontana. E, ripeto, questo assunto mi dà l’orticaria, perché sono io il primo a trovare schifosa l’operazione di Visto. E allora dov’è il giusto? Credo che il giusto sia interrogarsi e ragionarci con la propria testa, senza seguire a prescindere la massa urlatrice (a cui ci si può sempre unire in un secondo momento, dopo debita riflessione). Personalmente, avrei amato vedere una massa di eterosessuali scagliarsi contro Visto, e un’equivalente massa di gay ricordargli: «Ehi, ragazzi, quel libro non fa ridere, ma si può scherzare pure su di noi!»